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La Via dei Lupi – Limone Piemonte – Chiusa Pesio – Prato Nevoso
2/3 luglio 2011

Penso sia difficile concentrare in pochi fogli la quantità di emozioni provate, le tensioni prima della partenza, la fatica, la soddisfazione,...
Credo che la cosa migliore sia partire dall'inizio. Tutto comincia venerdì 1 luglio. Abbiamo scelto (siamo in due) di alloggiare in un albergo di Prato Nevoso, luogo dell'arrivo di domenica, in modo da ritrovare la macchina senza doverci far riaccompagnare alla partenza col pullman, ed essere più liberi una volta tagliato il traguardo di questa due giorni.
Notte tranquilla, e sveglia alle 5. L'hotel ci ha gentilmente servito la colazione alle 5:30, visto che eravamo parecchi runners ospiti. Appuntamento alle 6 al pullman messo a disposizione dall'organizzazione, che ci ha portati alla partenza. Io avevo già il pettorale; lo avevamo ritirato a Limone il venerdì pomeriggio salendo dal colle di Tenda, dove ho conosciuto Oreste (happy runner). Buio, nebbia fitta e pochi “pazzi” in attesa di essere imbarcati.
Più ci si avvicinava alla partenza e più la tensione saliva. Non avendo mai affrontato gare di due giorni, non riuscivo ad immaginare come potesse essere. La raccomandazione che avevo ricevuto da tutti era: “Il primo giorno non ti spremere; vai piano”; ma quanto era quel “piano”.
Comunque c'è poco tempo per pensare, e dobbiamo anche consegnare le borse al furgone adibito al trasporto bagagli. Dopo di che, controllo attrezzatura (riserva d'acqua, telo termico, fischietto,...) e ingresso nella zona partenza. Tra gli iscritti c'è anche una leggenda della corsa in montagna: Marco Olmo.
Il cielo è grigio, con nubi minacciose che avvolgono le cime delle montagne tutto intorno a noi. Dopo un briefing dove ci vengono spiegate a grandi linee le caratteristiche del percorso, si parte “verso l'ignoto”. Un saluto e un “in bocca al lupo!!!” a Oreste, l'altro happy runner iscritto e alla sua collega Manuela che hanno corso la gara insieme (Lui & Lei).
Dalla piazzetta del comune di Limone Piemonte (1000 metri s.l.m.) ci ritroviamo subito a costeggiare il torrente Vermenagna in direzione della statale verso il colle di Tenda percorrendo una stradina sterrata in leggerissima salita. Non passa molto tempo che la strada diventa sentiero, e la salita da leggerissima diventa impegnativa. Un serpente umano che sale a zig-zag su una pista umida e fangosa. Odori di bosco e di funghi. Si prende rapidamente quota, e a volte si costeggiano gli impianti di risalita delle piste da sci. Ogni tanto si riprende fiato, ma quando si sale, adotto la mia tattica volta al risparmio di energie. Mossa azzeccata è stata quella di portare con me i bastoni da trekking. A dire il vero li avevo dimenticati a casa, ma ne ho comprato un paio qui. Memore dell'esperienza fatta con le camminate in montagna e con zaini più pesanti, ho scoperto che l'uso dei bastoni aiuta ad alleviare la fatica delle gambe, consentendo comunque un passo sufficientemente veloce da non perdere terreno rispetto a quelli che corrono davanti a te.
La salita sembra interminabile, e quella nebbia fitta, che all'inizio poteva sembrare un nemico, per certi versi si rivela un alleato prezioso, che nasconde le insidie che dobbiamo ancora incontrare. Sono passate più di due ore e finalmente cominciamo a correre su una rotabile militare in leggera discesa, avvolti nella nebbia e un po' infreddoliti. Dovremmo essere nei pressi del Colletto Campanin (2142 metri s.l.m.) e in poco tempo giungiamo al primo ristoro. Crostata, frutta secca, sali minerali, te, e coca-cola, serviti da “camerieri” che indossavano giacche pesanti. C'era anche una bimba, che appena scorgeva un'ombra nella foschia chiedeva subito “Sali, acqua, te o coca?”. Sosta obbligatoria. Daniele, l'amico con cui ho condiviso questa fatica mi ha chiesto di tirargli fuori il K-way dallo zaino; io ho indossato i guanti, e siamo ripartiti.
Da questo punto in poi i chilometri scorrevano più rapidamente, visto che salita più, salita meno, si rimane in quota. Ad un certo punto ci comunicano di rimanere sulla strada, perchè il passaggio su sentiero in mezzo ai rododendri previsto dal percorso era troppo pericoloso a causa dell'erba scivolosa. Colle Perla (2086 metri), Colle Boaria (2102), Rifugio Morgantini (2219), e tanta nebbia. Un po' su strada e poi si riprende il sentiero. Stupendo; tratti erbosi, passaggi tra le rocce, muretti in pietra, peccato non vedere il panorama sottostante.
Ora si scende verso Gias Ortica (1855), per poi risalire al Passo del Duca (1989), molto suggestivo l'ultimo scollinamento con uno stretto passaggio tra due rocce e subito dopo un sentiero pietroso a scalini dal quale partiva la lunga discesa verso Chiusa Pesio. Per fortuna le pietre scivolose presto si sono trasformate in un bel sentiero corribile, con ampie vedute sulla vallata sottostante. Sapevo di avere alle calcagna Gianluigi e Franca, una coppia di amici conosciuti al trail dell'Alta Valle Argentina, e sapevo anche che sono dei buoni discesisti, e li sentivo parlare. Davanti a me, lontanissimo a fondo valle un altro concorrente con una maglia arancione fosforescente. Cerco di impostare un'andatura costante, aiutato anche dal sentiero che man mano che si scende verso valle si allarga e si copre di foglie di castagno. Il passaggio sotto gli alberi è molto suggestivo, e in questo tratto, raggiungo il ragazzo con la maglia arancione e vengo raggiunto da Gianluigi e Franca.
Siamo quasi al secondo ristoro, ma il nostro plotoncino di quattro runners dura poco. Rimango con Franca e raggiungiamo insieme il ristoro, dove io mi fermo a rifocillarmi e a parlare con i volontari. Da qui il sentiero finisce, in corrispondenza di un torrente che soffia impetuoso, e comincia un tratto di strada sterrata in discesa. Franca riparte quasi subito, intanto io mi informo su quanto manca alla fine. Mi dicono circa 7 chilometri, e lì per lì non mi sembra vero. Mi lascio andare giù per la discesa e una volta raggiunta Franca percorriamo l'ultimo tratto di saliscendi insieme fino al raggiungimento dell'arrivo di tappa, dove veniamo accolti dallo speaker che annuncia i nostri nomi. Cinque ore e una manciata di secondi. Non so se la stanchezza prevalga sulla soddisfazione o sia il contrario, comunque una è andata.
All'arrivo, pasta per tutti, man mano che tagliavamo il traguardo, e albergo prenotato dall'organizzazione. Pomeriggio di riposo; ci siamo guardati un po' del matrimonio reale di Alberto di Monaco, così tanto per sentirci più vicini a casa...
Alla sera lo scuolabus ci è venuto a prelevare all'albergo e ci ha portato alla cena che si è tenuta nella splendida sede del Parco Valle Pesio, dove si potevano già vedere le prime foto della giornata, e dopo cena ci ha riportato ai nostri alberghi dove abbiamo potuto riposare.
La mattina dopo, fortunatamente, la nebbia non c'era più, e il cielo si presentava azzurro. Dopo la colazione ci incamminiamo a piedi verso la partenza, visto che il nostro albergo dista solo alcune centinaia di metri. Alla partenza riconosco le facce di quelli del giorno prima e scopro parecchie facce nuove che affronteranno soltanto la seconda tappa. Consegna borse e ultimi preparativi prima della partenza e appuntamento all'arrivo.
La seconda tappa ripercorre soltanto per alcuni chilometri il percorso della prima, ma in senso inverso, così ci troviamo a transitare sull'ultimo tratto del giorno precedente fino all'altezza della Certosa di Pesio (da 760 a 859 m.). Di qua si prende a salire per una strada sterrata che procede a tornanti, e che presto diventa sentiero. I tornanti si trasformano in zig zag, e poi si alternano tratti di sentiero con tratti di strada. Tutti i bivi sono ben segnalati e ad uno in particolare, fa bella mostra di sé, appoggiato sul cofano di un 4x4 un grosso porcino che quasi inviterebbe a fermarsi per gustarselo, ma si continua. Raggiungo Claudia, iscritta come me ad entrambe le tappe, e ne facciamo un pezzo insieme, naturalmente, le presentazioni le abbiamo fatte dopo un po', e lei mi ha raccontato che ieri forse ha esagerato un tantino, e che pensa che ne pagherà le conseguenze. In realtà poi ci siamo rivisti al traguardo, e lei ha pure vinto una coppa grazie alla sua tenacia.
Comunque, tornando al percorso, ad un certo punto alzo la testa e mi si para davanti una specie di canalone ripido, e vedo tutti quelli che mi erano davanti che arrancano zigzagando. Decido di non alzare più la testa e di mettere un piede davanti all'altro finché, giunti in cima, il sentiero di addolcisce e scorgiamo a distanza un bivio presidiato dai guardiaparco. Il pensiero corre, le gambe un po' meno, tanto è vero che pensavo di essere in cima alla prima salita, invece non c'eravamo ancora. Quello era il Gias Mascarone (1752 m.), e dovevamo portarci ancora al Casino Cars a quota 1864. Dopo c'è stato un tratto in discesa, un sentiero piuttosto ripido e tecnico che ho affrontato con tutte le cautele per tornare a quota 1518 (Font Cars), dove alternando corsa e passo ho proseguito per la rotabile militare che ricominciava a salire fino a Ponte Ciappa (1624 m.). Ristoro. Pausa. Recupero energie e sali minerali; intanto mi raggiungono Gianluigi e Franca. Davanti a noi, proprio di fronte al ristoro si paventa lo spauracchio della prossima salita, tutta bella in vista, con i concorrenti che ci precedono già piccolissimi lassù in cima. Sembriamo condannati a questa sofferenza, ma in realtà nessuno ci obbliga, per fortuna è una scelta nostra. Ieri maledicevamo la nebbia, oggi è il turno del sole. Si sale, si sale, e si sale ancora, e ad un certo punto vedo tre sagome col pettorale che mi vengono incontro!!! Erano andati dritti ad un bivio, tra l'altro anche ben segnalato; meno male che io dovevo ancora svoltare, altrimenti forse li avrei seguiti.
Come succede spesso in questi casi, quando si pensa che la salita sia quasi finita, ecco che dietro una curva si apre uno scenario nuovo; ebbene sì, si sale ancora, in mezzo ai rododendri che ti sfiorano i polpacci, in alcuni tratti di sentiero scavato e così stretto che ad ogni passo si corre il rischio di inciamparsi nell'altra gamba. Giunto in cima ad un piccolo canale ho avuto l'unico dubbio sul percorso di questi due giorni; mi sono fermato, mi sono guardato intorno prima a destra, poi a sinistra,...nessun segnale, mi sono guardato alle spalle e stavano sopraggiungendo altri dietro di me e il primo di questi mi ha fatto un cenno con il dito (con l'indice!), segnalandomi di proseguire a sinistra. Ormai ogni fonte di acqua è buona per rinfrescarsi. Ad un certo punto correndo ormai in quota ci siamo trovati in due ad “abbeverarci” ad un vascone destinato alle mucche al pascolo. Quest'altro mi ha chiesto: “Sarà buona?” ed io gli ho risposto: “Te lo so dire tra un paio d'ore!” e lui: “Beh; se non fa male alle mucche!”
Così, correndo e camminando siamo finalmente arrivati al punto più alto prima dell'ultima discesa, il Colletto Seirasso (2097 m.). Qui, ormai correvamo da parecchio sulla strada sterrata, alcune signore ci hanno chiesto da dove arrivavamo, dove andavamo, e ci hanno detto che da adesso era tutta una discesa erbosa. Forse lo hanno detto per compassione, ma la discesa era una pietraia, e bisognava prestare attenzione a dove si mettevano i piedi. E poi diciamo che le salite in realtà non erano ancora finite. Anche se di poco conto, dopo due giorni di corsa in montagna, sembrano tutte ripidissime. Comunque si apriva davanti a noi la vallata di Prato Nevoso, e in lontananza si vedevano gli alberghi, e tutto ciò, credetemi è di grande conforto. La parte più bella per me, (non tanto per quelli che ho superato a quella che a me sembrava una velocità supersonica!!!) è stata quando abbiamo affrontato una pista da sci che ci ha portato direttamente al traguardo a fondo valle. Accolto dagli applausi e dagli incitamenti al microfono ho avuto anche la forza di sprintare negli ultimi cento metri circa e ho alzato al cielo le braccia impugnando i bastoncini. É stata la prima gara di questo tipo, ma mi auguro di avere la voglia e la forza di affrontarne altre, tanta è la gioia e la soddisfazione una volta giunti alla fine di una simile fatica. L'atmosfera che si respira, soprattutto tra organizzatori, volontari, compagni di “sventura” è di grande amicizia, anche se ci si conosce appena, di rispetto e gioia di condividere qualcosa di unico.
Un grazie di cuore a tutti coloro che hanno reso possibile lo svolgimento della “Via dei Lupi 2011”, con la speranza di ripetere questa esperienza l'anno prossimo.         Buone corse a tutti.
Pier.



05/08/2011


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