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Avevo proprio voglia di fare una “corsetta”. 19 luglio 2010.

Avete presente quella sensazione che si prova dopo alcuni giorni che per un motivo o per l'altro non si è riusciti a concedersi nemmeno una mezz'oretta a passo blando. É quando le gambe non riescono più a stare ferme neanche se ce le incatenano. É l'astinenza da corsa.
Può venire a qualsiasi ora del giorno (o della notte), qualunque cosa stiate facendo. Certo che è meglio se viene in un momento in cui non si è impegnati, ma comunque si può cercare di dominare l'istinto primordiale e ritardare l'astinenza di qualche ora.
Sono “reduce” da una settimana di vacanza in montagna con la mia bimba; la settimana più bella di quest'anno, e per scelta ho deciso di non portare con me abbigliamento tecnico (soltanto qualche t-shirt di alcune gare), che mi hanno permesso di conoscere altri runners. Dunque sette giorni senza corsa. Inoltre, il caldo di queste ultime settimane mi ha fatto (saggiamente) ridurre numero ed intensità delle uscite più o meno allenanti.
La sera del rientro dalla vacanza ero già tentato di indossare canottiera e scarpette e partire, ma un po' per la stanchezza del viaggio, un po' per le valigie da disfare, le lavatrici da preparare, ho rinunciato. Non ha rinunciato però il pensiero fisso nella mia testa. C'era una voce che mi ripeteva: “Ho voglia di correre. Non mi interessa se fa caldo o se c'è un tasso di umidità elevato. Lo so che ne hai voglia anche tu. Non inventare false scuse!”. Erano il corpo e la mente che si stuzzicavano a vicenda, e non mi sembrava il caso di stare lì ad ascoltarli, così li ho convinti ad accordarsi, ma ormai erano già le 21:15.
Non importa, fuori non è ancora completamente buio, vorrà dire che uscirò a correre per 30 minuti circa.
Conoscendo bene le mie sedute da 30 minuti, e cosciente dell'umidità e della temperatura esterne decido di prendere lo zainetto con sacca per i liquidi e cannuccia. Mai scelta fu più azzeccata!
Esco di casa verso le 21:40 e mi avvio in leggera salita su una strada lunga circa un chilometro, che gira tutto intorno al mio paese. Mi ritrovo nella parte più alta dell'abitato e affronto una ripida salita non molto lunga che mi porta su in collina tra case isolate e campagne. La visibilità è discreta, così proseguo e dopo qualche altra rampa scoscesa e la chiesetta di San Bernardo, c'è un tratto di falso piano che mi porta al primo bivio: a destra si scende e si torna in paese, a sinistra si sale ancora e ci si porta a mezza costa dove troverò un secondo bivio. Naturalmente avete già intuito che non ho preso la via del ritorno.
Continuo a salire e supero il secondo bivio, e poi anche un terzo. Ora la strada è una sola, sono partito da poco più di mezzora e devo per forza raggiungere la frazione di Negi, percorrendo una strada di cemento con parecchi tornanti e poi, forse, immettermi su un tratto con quattro chilometri circa di leggero saliscendi e giungere nell'antico Principato di Seborga. Ormai è buio, e non ho la lampada da testa. Conosco bene la strada, e vedo le luci di Seborga un po' più in alto sulla mia destra, e sembrano rischiararmi la via, ma per arrivarci mi ci vorrà ancora parecchio tempo. Non mi soffermo a fare calcoli, ora massima concentrazione e via un passo dopo l'altro. C'è un'atmosfera pacifica: rane che gracidano, grilli e cicale che mi offrono un concerto estivo, e rumore tra i cespugli. La notte amplifica i suoni, e il rumore che provoca un insetto che striscia al suolo sembra quello di un cane che ci corre incontro calpestando foglie secche. Ad un tratto però, ho udito distintamente un rumore di passi concitati fra i cespugli, poi un grugnito e passi che si allontanavano rapidamente. Era il mio amico cinghiale che già avevo incontrato sul finire dell'inverno più o meno nello stesso posto. Non so dirvi chi ha avuto più paura, ma penso lui. Mi scuso con lui e con i suoi amici che ho “spaventato” qualche curva dopo. Chissà, forse in quel tratto c'è il “Bar dei Cinghiali”!
Avranno avuto più paura loro, ma io, pur affrontando un tratto con una discreta pendenza, non so come, ma mi sono trovato ad allungare il passo...
Ancora qualche minuto e riprendo il mio ritmo; ormai sono in vista delle prime luci di Negi, una frazione del comune di Perinaldo con sì e no una decina di case. 45 minuti circa. A questo punto dovrei valutare due opportunità. Girarmi indietro e ripercorre la strada fatta finora o proseguire verso Seborga. Al pensiero di incontrare nuovamente i cinghiali, opto per la seconda scelta e affronto la strada asfaltata (e dunque ancora più nera del nero che mi circonda) che asseconda le anse della collina sviluppandosi come un lungo serpente che procede a zig zag. Così mi ritrovo prima all'interno di un vallone, e poi sulla punta più sporgente, dalla quale si può godere di un panorama sconvolgente.
Sono partito da un'altitudine di 149 metri sul livello del mare, ora sono a più di 500 e vedo il mio paese: Vallebona, laggiù lontano, a mezzacosta sulla collina di fronte, alzo lo sguardo e vedo la costa francese dove si distinguono Mentone e Montecarlo, vedo le luci degli aerei che decollano dall'aeroporto di Nizza, due navi da crociera che solcano il mare e sopra a tutto ciò, che fa capolino da dietro una nuvola, la luna.
Soltanto per questo già, è valsa la pena di essere arrivato fin qui. Sono quasi nel punto più alto, e dietro una curva scorgo una luce; man mano che mi avvicino scopro che c'è un furgone riadattato a camper, dove c'è una coppia che sta cenando. Gli passo accanto, sarei quasi tentato di augurargli buon appetito, ma non vorrei fargli prendere un attacco di cuore per lo spavento! Così affronto l'ultimo strappetto e comincio a scendere verso Seborga. Dovrò riabituarmi alle luci stradali e attraversare i vicoli (“carugi”) del paese dove la gente seduta a prendere il fresco mi guarda attonita, e un ragazzino ingaggia una mini gara con me.
Ora mi attendono circa otto chilometri di discesa con tornanti, per fortuna non ripidi e anche se la strada non è illuminata, il traffico è talmente scarso che avrò incontrato non più di dieci macchine. Ora penso soprattutto a cercare di rilassarmi adottando un passo tranquillo e bevendo parecchio (benedetto zaino camel bag). Ho come l'impressione che correndo al buio, e non avendo punti di riferimento precisi, ci si dimentichi quasi di quanta strada si è fatta, e anche la fatica non si fa ancora sentire. Ormai sono giunto a Sasso, un piccolo paesino a cavallo della collina, con la gente al bar che mi guarda con il mio incedere costante dopo circa un'ora e quaranta minuti. Mi accingo a prendere una scorciatoia che si chiama: “Via Penne Nere”, che mi evita un tornante e in breve mi ritrovo a transitare sopra all'autostrada, che da Seborga vedevo piccola e lontana. Sono ormai al casello autostradale di Bordighera, e da qui guadagno rapidamente il fondo valle grazie ad una ripida discesa che si chiama Via Sapergo, dall'omonima torre di avvistamento posta in cima alla collina. Una volta in fondo alla discesa, attraverso un ponticello e costeggio per un breve tratto il torrente Batallo, dal quale mi separo in località “Due Strade” per ricominciare a salire per circa due chilometri e mezzo e giungere davanti alla porta di casa. É mezzanotte meno un quarto. Quasi due ore e dieci minuti. Sono felice.
Molti di quelli che mi hanno visto passare si saranno domandati cosa stavo facendo, perché lo facevo, se ero matto! Magari qualcuno ha pensato che forse piacerebbe anche a lui fare qualcosa di simile. Io non ho risposte per tutti, posso citare la frase di un ultra maratoneta americano che si chiama Dean Karnazes (che deteneva il record da guinness dei primati per aver corso 50 maratone in 50 giorni consecutivi finché non gli è stato tolto dal nostro Enzo Caporaso con 51 maratone in 51 giorni consecutivi): “Corro perché mi piace correre.” Io potrei aggiungere che mi fa stare bene, mi ricorda che la vita è bella, mi aiuta a comprendere, superare e accettare i miei limiti, e accettare sé stessi significa anche accettare gli altri. Non sono un pazzo, né una persona fuori del comune. Corro, mi piace farlo e ne sono felice. Sono un Happy Runner.
Buone corse a tutti.  A presto.
Pier.



19/07/2010


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